Il giardino dei bambini è un’utopia, una fiaba, una metafora: la natura originaria del rapporto tra l’essere umano e la natura improntato all’armonia che porta alla luce ciò che è nascosto o rende partecipi di un dialogo segreto, vietato agli adulti. Un giardino complicato, con i suoi meandri, è anche la sede del mistero, di fantasmi o di comunicazioni privilegiate.
I protagonisti sono spesso bambini soli che hanno perduto la madre o entrambi i genitori. Scopriamo la fragilità e inafferrabilità psicologica e fisica dei bambini, immersi o protetti dalla natura cintata. Il giardino infatti risponde allo spirito infantile come possono rispondere i piccoli animali di casa: con uno scambio ‘naturale’ dove la qualità del luogo permette immaginazioni, respiri profondi e libertà di movimento.
In questo senso, la relazione con le parti del giardino può essere anche insondabile e spesso è segreta.
Il giardino segreto di Agnieszka Holland è un omaggio allo stupore dell’animo infantile ed è, al tempo stesso, un prototipo di film sul giardino. In questo luogo, l’amore e la bellezza guariscono attraverso il ritmo delle stagioni e la guarigione coincide con il tripudio floreale della primavera.
Attraverso le fitte siepi, ingrigite dalla brina, guidata da un pettirosso, Mary scopre la porta del giardino segreto, rifugio prediletto della zia, morta cadendo dall’altalena e madre di un bambino malato. Lassù, nel castello, la stanza della signora è chiusa e trascurata come il suo giardino.
Tutti, nella storia, sono “giardini chiusi”. Mary aprirà questi giardini forzandone le serrature.
Cuore del film è la cura del giardino da parte dei bambini, perché i bambini sanno come fare. Il primo atto di Mary, entrando d’inverno in una vegetazione splendida ma abbandonata a se stessa, è scostare le foglie secche e portare alla luce un germoglio. Da questo primo atto (del portare alla luce) inizia per la volitiva Mary l’esperienza del seminare, del piantare, dell’organizzare lo spazio per la vegetazione, aiutata da Deacon, piccolo contadino che sa parlare agli animali.
In Suspense di Jack Clayton la ricchezza delle gradazioni dal nero al bianco dimostra come sia possibile suggerire il variegato colore di un’organizzata distesa vegetale, dell’acqua, del cielo, dell’architettura, anche solo attraverso lo spettro dei grigi.
L’allestimento degli enigmi in Suspense è debitore delle atmosfere fiabesche della Bella e la Bestia di Jean Cocteau, capostipite, sotto certi aspetti, del giardino come sogno sensuale e misterioso: nel film di Clayton il mistero cresce e diventa terrore, ma sottile come un velo che un po’ mostra e un po’ nasconde, e perciò più efficace.
Il canto della piccola Flora risuona nel silenzio e subito le tende rabbrividiscono al vento, le apparizioni si manifestano.
Il giardino vive del segreto dei bambini, un segreto crudele, e la cinepresa vi allude nel lento muoversi o sostare di fronte allo strano fascino di certe inquadrature, nelle sorprendenti ramificazioni dei sentieri, nel gazebo gotico sul lago, nella torre delle colombe, nell’esedra con le statue al cui interno si consuma il delirio finale.