Il sogno cinematografico del giardino è simile a una nicchia vegetale in cui qualcuno ci narra storie meravigliose seguite ad occhi chiusi.
Cocteau, con il suo realismo irreale, ci guida in questo percorso. Il disegno registico abbraccia il gioco della suggestione, immergendo il racconto in visioni che riecheggiano la pittura, l’architettura barocca o gotica, riscoprendo il fascino delle rovine e il mito dell’acqua come veicolo di trasformazioni.
Il bianco e nero di La bella e la Bestia di Jean Cocteau è talmente ricco di sfumature da sembrare puro colore, grazie al magico artificio delle inversioni di ripresa, alla sovrapposizione di architettura, scultura e vegetazione.
Ecco, allora, la messinscena del contrasto fra la Bella e la Bestia, pretesto fiabesco per parlare del fascino del Mostro, un essere sbocciato dai misteri della natura. La versione della fiaba elaborata da Christophe Gans nel 2014, richiama il fascino dell’originale del 1946, ma abbraccia l’estetica dell’eccesso e dell’effetto digitale, offrendo ambientazioni di splendida inventiva che incantano fino a far perdere di vista la misura della vicenda e l’indefinibile sostanza del miraggio.
La dissolvenza incrociata, le sovrapposizioni d’inquadrature l’una dentro l’altra, i movimenti scenografici fanno invece esplodere l’impianto narrativo nell'’Ultima tempesta del regista-pittore Greenaway.
Ma possiamo veder sbocciare un giardino alla Bosch, quando ci spostiamo su un mondo alieno (Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox) dove la storia delle arti è sostituita dalla ingenuità pop della fantascienza americana anni cinquanta, che ammicca al passato cinematografico o pittorico per comporre un gioco avveniristico.
Il teatro con i suoi artifici ritornano in La maschera, racconto d’amore antico che la regista Fiorella Infascelli ha scelto di immergere in scenari reali (Caprarola, Formello, Manziana, Amelia), creando ambientazioni parallele, tra l’allegoria dei giardini all’italiana e il palcoscenico (MOVIE).
Mentre il parco in cui si addentra Augustin Meaulnes è reso irreale dal senso dell’avventura in I verdi anni della nostra vita di Jean-Gabriel Albicocco; anch’esso realizzato con spunti teatrali e il fascino del travestimento.