Osservare con attenzione i grandi globi dei Musei Vaticani evoca un sentimento continuo di stupore e curiosità.
È il fascino della scoperta del mondo che ci accompagnerà in questo viaggio virtuale. Gli otto globi esposti nella Sala Paolina I, montati su basi lignee in stile olandese, compongono quattro coppie formate ognuna da un globo terracqueo e uno celeste, come era consuetudine proporre da parte dei costruttori di globi dell’epoca.
Realizzati da Willem Janszoon Blaeu e figli e da Matthäus Greuter tra gli anni Venti e Quaranta del 1600, essi ci raccontano tante storie.
I grandi globi terracquei, teatro portatile della terra e del mare, come lo stesso Blaeu li definisce, ci parlano di esploratori e delle loro scoperte geografiche. Magellano, Hoorn, Tasman, solo per citarne alcuni, sono i nomi riportati con dovizia nelle inedite indicazioni geografiche presenti nei vari continenti, dall'America all’Oceania: lo Stretto di Magellano, Capo Horn, la Tasmania.
Mondi popolati da genti con usi e costumi diversi, da animali per l'epoca esotici: raffigurazioni di uomini Inuit, accampamenti mongoli, monumenti eletti a simbolo di importanti città, carovane di cammelli, e ancora struzzi, elefanti, rinoceronti popolano le superfici di questi globi.
I globi celesti ci rimandano ai grandi maestri del passato del calibro di Tolomeo e Tycho Brahe, che hanno tracciato la strada percorsa da generazioni di matematici e astronomi, veri e propri cacciatori di stelle a cui si deve una fantastica volta celeste popolata da animali, creature mitologiche, divinità... La scoperta di nuove terre si rifletteva specularmente nella scoperta di nuove stelle!
Ma aldilà di questi elementi comuni ogni globo ci racconta delle storie personali che lo rende unico.
I due globi terrestri, editati uno intorno al 1622 da Willem Janszoon Blaeu e l'altro intorno al 1645 dai figli, ci mostrano un mondo in continua evoluzione: dalla strana storia della "California", penisola nel globo degli anni Venti e poi isola in quello più tardo degli anni Quaranta, alle nuove scoperte nella Terra Australis Ignota che, grazie anche alle esplorazioni finanziate dalla VOC, la grande Compagnia olandese delle Indie Orientali, nel corso di pochi decenni era sempre più svelata: Hollandia Nova, (Australia), la già nota Nuova Guinea, la Tasmania intitolata al grande esploratore olandese Abel Tasman, la Zeelandia Nova (Nuova Zelanda) e tante altre isole e arcipelaghi del grande continente Oceania compaiono sul globo stampato intorno al 1645.
Guardando verso il cielo ci ritroviamo inesorabilmente attratti dalle sue più fantasiose raffigurazioni riportate sui globi celesti, editati dalla ditta Blaeu nel 1640. L'altissimo livello raggiunto nella realizzazione di questi preziosi strumenti non si esaurisce nella raffinatezza dei disegni che adornano le loro superfici.
La dedica di Blaeu al suo maestro Tycho Brahe ci fa immediatamente comprendere il grande impegno scientifico che sottende questa produzione. Tuttavia, se osserviamo con attenzione l'anno indicato nella dedica (1640) non possiamo fare a meno di notare che Willem Blaeu era già morto da due anni. Il motivo di tale incongruenza è di natura commerciale: per rendere questi preziosi e costosi manufatti validi più a lungo nel tempo si usava postdatare l'anno di edizione riportando la posizione delle stelle calcolate per l'anno indicato.
Oltre alle antiche costellazioni tolemaiche, nominate in latino, greco e arabo, moltissimi sono i dati forniti all'osservatore attraverso le numerose iscrizioni presenti sulla superficie del globo. In una di queste, per esempio, è riportata la posizione di una nuova stella, Stella Nova, comparsa nell’ottobre del 1604 nella costellazione dell’Ofiuco e rimasta visibile per quasi un anno.
Tutte le stelle rappresentate hanno dimensioni diverse in funzione della loro magnitudine (ovvero del loro splendore) secondo una scala indicata in una preziosa tabella, presente sul globo, che mostra come la magnitudine 1 corrisponda alle stelle più brillanti e la magnitudine 6 alle più deboli. Affiancata ad essa è una seconda tabella (ad uso degli astrologi) che indica che la "simpatia" di alcune stelle con determinati pianeti è stata rappresentata accostando ad esse il simbolo del pianeta.
Nel solco della pregevole produzione realizzata dalla ditta Blaeu si inseriscono i quattro globi a firma Matthäus Greuter. Essi costituiscono due coppie, ognuna composta da un globo terracqueo e uno celeste come era in uso proporre all’epoca, datati 1632 entrambi i terrestri e 1636 i due celesti.
La particolarità di questi globi, che ricalcano nello stile e nelle indicazioni quanto già pubblicato da Blaeu, come riferisce lo stesso Greuter nell’iscrizione, è quella di appartenere alle medesime edizioni.
Il drago spiegato e reciso che sovrasta la dedica al Principe Jacopo Boncompagni sul globo terrestre di Greuter, rimanda alla nobile famiglia di appartenenza del Cardinale bolognese Ugo Boncompagni. Questi, eletto pontefice nel 1572 con il nome di Gregorio XIII, fu l'artefice nel 1582 della riforma calendariale che porta il suo nome, ancora oggi vigente.