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Taizan Fukun

Taizan Fukun

Autore
Kōsei

Taizan Fukun​ è opera di Kōsei, realizzata nel 1237. Questa figura con un cappello a larghe falde piegate verso l’alto e il costume dalle ampie maniche da funzionario cinese rappresenta Taizan Fukun, dio del Taishan, la montagna sacra della provincia cinese dello Shandong dove si riteneva che le anime dei morti fossero chiamate al suo cospetto. In Giappone si crede che gran parte delle anime sia sottoposta al successivo giudizio dei Dieci Sovrani: a seconda dei peccati, i Dieci Sovrani condannano le anime all’inferno o decidono la reincarnazione in uno dei Sei Mondi. La statua è stata scolpita in più blocchi di legno di cipresso giapponese (tecnica yosegi) e gli occhi sono realizzati con inserti di cristallo.

 

Il secolo XIII è un secolo di grande importanza in Giappone. Tra le numerose, eccellenti opere di questo periodo annoveriamo Jizō Bosatsu, opera di Jōchō​. Questa figura dall’aspetto di monaco presenta alcune caratteristiche, come la gemma incastonata sulla fronte o le orecchie nastriformi, distintive dei Buddha e dei bodhisattva e che insieme al bastone khakkhara nella mano destra e la sfera nella mano sinistra (entrambi perduti) permettono di identificarla come Jizō Bosatsu.

 

Jizō Bosatsu è un bodhisattva che ha ricevuto l’insegnamento da Śākyamuni e si incarna sulla terra per salvare gli uomini: in questa statua lo vediamo rappresentato nel suo aspetto terreno. Il suo culto si diffuse a livello popolare a partire dal tardo periodo Heian come colui che salva dall’inferno le anime dei defunti e le guida in paradiso; veniva invocato anche per la salvezza dell’anima di chi era stato colto da morte improvvisa o infelice. Dal caratteristico modo in cui i lembi della veste si incrociano all’altezza del petto si può ritenere che questa immagine sia legata al culto del santuario shintoista di Kasuga a Nara. A partire dall’XI secolo il sincretismo religioso e la crescente concretizzazione dell’immagine dell’aldilà portarono a considerare molte divinità shintoiste incarnazioni terrene dei Buddha ultraterreni.

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Jizō Bosatsu (Kşitigarbha)

Attribuita a Inken è la stauta raffigurante Shaka Nyorai (Śākyamuni)​.

Nel 985 il monaco Chōnen, mentre si trovava nella città cinese di Taizhou, incaricò uno scultore locale di eseguire la copia di una statua in legno che si trovava nella capitale Kaifeng, quest’ultima ritenuta l’autentica immagine che re Udayana fece realizzare ai tempi di Śākyamuni. La statua fu portata in Giappone e dalla fine del XII secolo furono realizzate numerose copie, tra cui questa statua, proveniente dal Jōrakuin, un tempio che fa parte del complesso del Ninnaji a Kyoto.

L’artista, Inken, fu uno dei rappresentanti della scuola In che fu attiva a Kyoto per la committenza di corte e aristocratica.

L’ultima sua opera conosciuta è del 1233 e negli stessi anni fu fondato il Jōrakuin. La statua esposta è attribuita a questo artista. Si tratta di una fedele riproduzione in scala ridotta dello Shaka Nyorai originale.

L’acconciatura ondulata è estremamente stilizzata e presenta un motivo a fune arrotolata che deriva dall’arte di Gandhāra, come pure il modo in cui un unico pezzo di tessuto avvolge il corpo.

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Shaka Nyorai

Shaka Nyorai (Śākyamuni)

Autore
Inken (attr.)

Di questa statua di monaco ritratto nella sua maturità proveniente dal Tōfukuji, tempio zen di Kyoto, non abbiamo un’identificazione sicura. Come gran parte delle sculture del periodo, l’interno è cavo. Sulla parte superiore della lastra che chiude l’apertura sul fondo della statua è fissata un’asta al cui vertice è poggiata una base a forma di loto; questa presenta un foro che probabilmente serviva a fissare una statuetta sacra che sarebbe venuta a trovarsi all’interno della statua all’altezza del cuore o della testa. A partire dal XII secolo comparvero monaci che dopo un percorso di ascesi erano ritenuti dotati di poteri soprannaturali e compivano guarigioni miracolose con la preghiera: questi erano venerati come incarnazioni dei Buddha. Probabilmente anche questo monaco era considerato l’incarnazione di un Buddha. In Giappone sin dal periodo Nara sono stati realizzati vari ritratti di monaci. Di fronte a essi i fedeli pregavano per la guarigione dalle malattie e nei templi la presenza dei ritratti, contribuiva a mantenere la disciplina: il vibrante realismo che ritroviamo anche in questa statua doveva servire a tenere alta la concentrazione dei monaci.

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Monaco

Nel 1224 Higo Jōkei realizzò Nyoirin Kannon. Questa statua a sei braccia che poggia il viso assorto in meditazione sul palmo della mano destra è uno dei sei Kannon del Daihōonji di Kyoto. Secondo i sūtra, il bodhisattva Kannon accorre per salvare i fedeli non appena li sente invocare il suo nome e si manifesta sotto differenti aspetti a seconda delle preghiere che gli vengono rivolte.

Nel buddhismo esoterico, Kannon è rappresentato, riprendendo l’iconografia delle divinità indiane, con più teste e più braccia che indicano i suoi accresciuti poteri salvifici. Quello dei “Sei Kannon” è uno schema tipico, composto da un Kannon dall’aspetto umano e cinque dall’aspetto sovrumano che si dedicano alla salvezza degli esseri viventi in ciascuno dei sei mondi dove le anime sono destinate a seconda dei meriti acquisiti nella vita precedente. I testi del buddhismo esoterico spiegano che la meditazione del Nyoirin Kannon nasce dalla «compassione per le sofferenze di tutti coloro che possiedono un’anima». Questa interpretazione è valida anche per gli altri bodhisattva rappresentati in pose analoghe. Il tema del bodhisattva in meditazione era presente in India, oltre che nelle immagini di Kannon, anche nelle rappresentazioni di Śākyamuni prima che abbandonasse il secolo.

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Nyoirin Kannon