Yuima Koji (Vimalakīrti) era un discepolo di Śākyamuni che eccelleva nell’eloquenza e che con il pretesto della malattia predicava la dottrina a chi veniva a trovarlo. Quando Śākyamuni invitò i discepoli a far visita al malato tutti rifiutarono, memori delle sue passate sfuriate, eccetto Mañjuśrī che si confrontò con Yuima Koji su un concetto fondamentale del buddhismo: il “vuoto”. Dopo l’ultima domanda con cui Mañjuśrī lo incalzò, Vimalakīrti rispose con il silenzio indicando in questa maniera la soluzione che trascendeva la dicotomia dialettica.

L’aspetto da anziano con il cappuccio che copre la testa, le ciglia aggrottate e la bocca aperta seguono l’iconografia tradizionale del personaggio. La statua, realizzata in legno di aghifoglia, è stata coperta con tessuto di lino e dipinta nel periodo Kamakura.

La statua proviene dallo Hokkeji, nato dalla trasformazione in tempio della residenza dell’imperatrice Kōmyō, consorte dell’imperatore Shōmu (sul trono dal 724 al 749).

In un certo periodo la stata è stata considerata miracolosa.

Il gigaku è un’arte teatrale e musicale introdotta in Giappone, secondo la tradizione, nel 612 da Mimashi, un coreano di Paekche che a sua volta l’aveva appresa nel regno cinese di Wu. Da fonti scritte e materiali risulta che nel VII e nell’VIII secolo le funzioni dei grandi templi erano accompagnate da esibizioni di gigaku. Secondo testi di epoche successive, nel gigaku comparivano in successione vari personaggi che si esibivano in brevi scene o in danze accompagnate da musica.

Questa statua che aggrotta le ciglia fissando intensamente l’osservatore è stata tramandata nell’Akishinodera di Nara come immagine di Bonten, figura corrispondente a Brahmā (il dio induista creatore dell’universo).

Bonten fu rappresentato nel periodo Nara con l’aspetto di un nobile mentre in quello Heian, nell’ambito del buddhismo esoterico, fu raffigurato con quattro volti e quattro braccia seduto su un’oca.

La statua esposta veste una corazza attraversata in diagonale da un drappeggio.

La testa è realizzata in lacca secca (kanshitsu) e il corpo in legno, come riportato nell’iscrizione sul perno che collega la testa al busto; nel 1289 la statua fu anche ridipinta.

La tecnica della lacca secca fu introdotta in Giappone agli inizi del VII secolo e dalla seconda metà di quel secolo fu utilizzata per la statuaria buddhista.  Il corpo è stato realizzato nel 1289 (periodo Kamakura).