Fino agli anni Settanta si legittima la separazione dei disabili dal contesto sociale e si assiste ad una crescita vertiginosa di classi differenziali e di scuole speciali. L’educazione e l’istruzione degli alunni con disabilità avviene nelle scuole speciali, generalmente gestite da privati o da religiosi, anche dallo Stato Italiano. Spesso queste scuole speciali sono abbinate a istituti dove i giovani disabili entravano ancora piccolissimi, lasciando la famiglia di origine. I giovani crescevano con multe cure tese all’autonomia della persona, lontano dalla famiglia e dal loro ambiente di origine: per anni vivevano solamente con altri disabili.

Il personale che gestiva questi istituti, formato nelle scuole di metodo, era preparato a svolgere attività didattiche, riabilitative e psicoaffettive secondo le scelte ideologiche delle istituzioni. Solo pochissimi giovani disabili erano ritenuti “educabili”; fra questi la quasi totalità era formata da disabili con deficit visivo, uditivo e raramente motorio. Quelli che non erano educabili erano destinati a vegetare negli istituti per disabili fino al termine dei loro giorni. Anche le nuove leggi relative la scuola media unica (L1859/62) e la scuola materna (L444/68) prevedono strutture differenziali e classi speciali.

Tutta la legislazione di questo periodo conserva il carattere della categorizzazione continua a mantenere la divisione delle persone disabili in categorie e si monetizza la disabilità. I provvedimenti presi continuano ad essere rivolti a gruppi di “minorati” specifici e ben definiti; in altre parole nonostante la promulgazione della Costituzione che riconosce precisi diritti a tutti i cittadini, i provvedimenti che vengono presi continuano ad interessare specifiche categorie di disabili e considerano solo una particolare esigenza (assistenza economica, assistenza sanitaria, collocamento al lavoro), consolidando la monetizzazione del deficit.

Nel 1968, la Legge (L2 aprile 1968 n482) sul collocamento obbligatorio conserva ancora la divisione dei disabili in categorie; questa divisione permette gravi sperequazioni fra le persone con disabilità non solo nel collocamento, ma anche nelle provvidenze economiche e nella assistenza sociale.