La pedagogia speciale per l’integrazione/inclusione
Patrizia Sandri
Accedere al sapere è un diritto di cittadinanza esigibile indipendentemente dalle diverse condizioni fisiche, psichiche, relazionali, sociali che caratterizzano l’individuo, come è stato più volte ribadito in numerosi documenti internazionali (Lisbona, 2000; Barcellona, 2002; Convenzione ONU 2006). A questo diritto si connette strettamente la capacità della scuola di lavorare per l’integrazione/inclusione di tutti e di ognuno, prestando attenzione ai bisogni e alle caratteristiche dei singoli allievi, al fine di assicurare a tutti la piena padronanza delle competenze necessarie per partecipare costruttivamente al vivere comune. In un contesto sociale e culturale caratterizzato dal paradigma della differenza e della diversità, accettare questa sfida richiede agli insegnanti una consapevole scelta valoriale, propria di un’etica della reciprocità e della dialogicità (Maritain, 1927: Morin, 2004), e una riflessione che, a partire dai contributi teorici ed operativi elaborati nell’ambito della Didattica Speciale, intesa come Didattica dell’Integrazione/inclusione, produca una innovazione sia sul piano organizzativo, sia su quello delle modalità di insegnamento/apprendimento.
Specifichiamo il termine Pedagogia utilizzando insieme i termini integrazione e inclusione poiché facciamo proprie le considerazioni in merito formulate da Lucia de Anna, secondo la quale: “Si discute ormai in tutto il mondo sull’uso delle terminologie più appropriate, il passaggio dall’integrazione all’inclusione viene visto dai nostri colleghi europei, nella migliore delle ipotesi, come un passaggio successivo, più esteso e coinvolgente. In questo contesto, purtroppo, il termine ‘integrazione’ viene talvolta visto in maniera negativa, più riduttivo e orientato a una forma di assimilazione alla normalità. Io credo, invece, che siano due azioni diverse: una non può escludere l’altra. Il concetto di integrazione, che noi abbiamo coniato, riferendoci in particolare alle persone con disabilità, aveva lo scopo di condurci a lavorare sul cambiamento personale e collettivo, senza annullare o banalizzare la specificità. A partire da questa nuova organizzazione del contesto e delle relazioni tra persone, possiamo oggi senz’altro comprendere altre forme di diversità, da quella multiculturale a quella sociale, l’importante è non escludere e vedere indubbiamente il termine ‘inclusione’ in una dimensione più planetaria […] L’inclusione non può fare a meno dell’integrazione”. CONTINUA A LEGGERE