È con una speciale emozione che si entra, proprio oggi, in una stanza liberty per bambini. C’è un celebre paradiso alla base di questa singolare attesa. Sappiamo, da lettori e da visitatori di musei, da fruitori di mostre, da frequentatori di sale buie, molte cose su Fabiola, Licina, Vinicio, Sinuhe, Ivanhoe, Plautilla, Artù, Riccardo, ma non conosciamo la vita di quella ragazzina, più o meno bisnonna, che ebbe, tutta per sé, una Stanza Liberty. Era certamente – e felicemente – condizionata dalle sue consuetudini abitative? Se la risposta è affermativa allora la si immagina mentre vive una vita liberty. Ci saranno, nella sua esistenza, questi tenui colori ammiccanti che sempre colpiscono per la morbida sapienza che possono evocare.
E anche i volumi e i rapporti stabili fra loro indicano il senso di una allusiva provocazione. Sono deliziose forme quadrate, intrise ad un tempo di leggerezza e di solidità. Con i rapporti tra i volumi e gli inconfondibili ornamenti scaturiti dallo stile, la stanza non invia un solo messaggio, non sviluppa una coerente dottrina. Sembra anche scaturita dallo stesso mondo liberty che vide protagonista il Quadratino di Antonio Rubino. Il sommo illustratore e maestro di Finzioni aveva creato questo personaggio unico, via via adattato alle esigenze che si profilavano nell’universo della Geometria.
Sulle stesse pagine, Bil Bol Bul di Attilio Mussino cambiava colore, vedeva ingigantire una mano, diventava alto come un monumento. La camera liberty sa di essere uno straordinario strumento pedagogico perché non chiede di essere abitata, porge insegnamenti, indica atteggiamenti. In realtà non fu mai obbedita: le trincee delle Fiandre, gli sbarchi ad Anzio, la Linea Gotica la videro vuota, con il fantasma di Quadratino.
Antonio Faeti