Si tratta di un congiungimento realizzato – storicamente – solo in questa occasione. Perché tra la cultura dell'infanzia e la complessa dimensione artistica del Déco si è davvero creato un dialogo, si è determinata un’alleanza. C'era stato un tentativo, nell’Ottocento, in cui si voleva collegare la letteratura per l'infanzia con lo stile Biedermeier, ma erano mancati il coraggio e la convinzione. Quando, per contro, si guarda quel capolavoro del design che è la poltroncina della ditta Cova, del 1940, allora si scorgono le ragioni dello stile e quelle dei bambini ben strette in un coerente progetto che fa sorridere perché commuove. L'oggetto è limpido nell'articolazione dei volumi, e sostenuto da un'ottica pedagogicamente avveduta, entro la quale il lindore dei contorni, la sobria serenità dell'invenzione, la chiarezza degli intenti dominano l'offerta. Poi, il legno sagomato di Reguitti, degli anni Trenta, fa ancora risplendere i termini dell'unione e ne scandisce le possibilità attuative. Nei mobili Déco creati per i bambini si coglie quella sostanza proprio fondata sulla contraddizione che dai bambini e perennemente desiderata. È l'essenza di quella “grammatica della fantasia” che fu coerentemente teorizzata da Gianni Rodari: ci devono essere gioco, riso casualità, bizzarria, spontaneità, occasionalità. Poi, però, interviene la grammatica e pretende la sua parte di regole, offre canoni a cui attenersi, guida all'uso, determina comportamenti. Il capolavoro di Reguitti congiunge i due percorsi: è ironico e giocoso nella morbidezza delle linee, ma possiede una sua intima severità mentre aderisce alla sotterranea possibilità di un ordine, alla chiara evidenza di un progetto. Così il rapporto tra infanzia e Déco e da studiare paradigmaticamente in quanto risolve problemi e spinge a ricercare.
Antonio Faeti