Chatta con AldroBOT

Il museo di Ulisse Aldrovandi è riconosciuto come un’impresa, tra le più straordinarie, di collezionismo e catalogazione scientifica del Rinascimento: una raccolta di ben 18.000 mila “cose diverse” appartenenti ai tre regni naturali: minerale, vegetale e animale. Definito “microcosmo della natura”, era concepito per riprodurre la complessità di quel macrocosmo nel quale spesso è difficile scovare l’ordine e le analogie tra gli elementi che lo abitano. È proprio questo l’obiettivo del naturalista bolognese: rintracciare quei legami che rimangono spesso nascosti e difficilmente accessibili durante l’osservazione del mondo naturale e renderli espliciti nel suo percorso espositivo. 

A tal proposito, Aldrovandi descrive nel 1595  il suo microcosmo così:

Hoggi nel mio microcosmo si possono vedere il numero di diciottomila cose diverse e, fra queste, 7.000 piante in quindici volumi, secche et incollate, parte delle quali ancora ho al vivo dipinte, il numero delle quali sì degl’antichi, sì de’ moderni ancora al numero di 3.000 non arrivono; il restante, poi, di animali sanguigni et esangui, sì terrestri come aerei et aquatili, et altre cose sotterranee, come terre, succi concreti magri et grassi, pietre, marmi, sassi, metalli, et altri misti, che compiscono il su detto numero. Delle quali ho fatto una scelta di 5.000 cose naturali, come di piante, animali di varie sorti e pietre, che possono haver figura, le quali da alcuno scrittore non sono state stampate, e quelle ho fatte disegnare in pero, parte delle quali sono intagliate, le quali tutte possono vedersi in quattordici armadii, da me chiamati “Pinachoteche”. E duoi ne sono nel mio museo – quali da me sono chiamati “Pandechion seu Chimiliarchio delle cose generate in questo inferior mondo” -, dove sono 66 cassette, divise in 4.500 cassettine, dove sono 7.000 cose sotterranee ed alcuni frutti, gomme et altre cose bellissime dell’Indie, con i nomi loro, acciò facilmente si possia trovare; de quali tutti parte si è descritta e parte si va descrivendo l’historia. In Beretta, M. (2017). Storia materiale della scienza. Roma : Carocci.

La forma di collezionismo scientifico di Aldrovandi si distanzia dalla Wunderkammern seicentesca, letteralmente camera o gabinetto delle meraviglie come luogo di raccolta di oggetti fantastici, unici e preziosi, dove la meraviglia e lo stupore sono i protagonisti assoluti. 

Insieme ai volumi della ricca biblioteca e ai suoi manoscritti, quello di Aldrovandi fu un vero e proprio “Theatro della Natura” volto a guidare il visitatore in un percorso di scoperta, ragionato e metodico, di comprensione di exempla, attraverso i quali esplorare le leggi della natura,

Reperti rari e le creature straordinarie sono sicuramente presenti ma non con il fine ultimo di stupire e meravigliare. La concezione del Museo di Aldrovandi supera, così, quella di semplice raccolta di reperti per assumere la funzione scientifica di laboratorio, dove l'elemento del meraviglioso è subordinato a un preciso disegno didattico e conoscitivo.

Anche Ferrante Imperato, farmacista e naturalista napoletano come Aldrovandi allestì un piccolo museo nella sua casa a Napoli che comprendeva dodicimila reperti tra naturalia e artificialia che Imperato parte aveva raccolto personalmente nei suoi viaggi.  La prima immagine a stampa del suo Museo risale al 1599, esso uno dei primi esempi al mondo di musei di storia naturale che nei secoli successivi si moltiplicarono in tutti i paesi diventando indispensabili strumenti per la conoscenza della natura e la divulgazione del sapere.

Oggi il ricco patrimonio di Aldrovandi è raccolto presso il Museo di Palazzo Poggi, parte del Sistema Museale di Ateneo dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, all’interno del quale è presente una sala che conserva il suo “Teatro di natura”.