Chi ha insegnato nella scuola elementare sa che i bambini amano spontaneamente le Avanguardie, perché in esse ritrovano la loro stessa urgenza di cambiamento e di stravolgimento. L’incontro storico tra l’Infanzia e il Futurismo fu tuttavia ben motivato. Nel “Corriere dei Piccoli” originario erano accolte positivamente varie forme di sperimentazione, di conseguenza si comprende come l’abitudine a decifrare Sto, Bisi, Pompei fosse propedeutica nei confronti di un universo percettivo fondato sul cambiamento e sulle continue innovazioni.

È da notare, fra l’altro, come, nell’ambito della produzione di giocattoli, il Futurismo facesse valere le proprie ragioni con speciale efficacia, perché riusciva a rendere fascinosamente diverse le automobili, ma aggrediva con uguale potenza le bestiole di ogni consolidato zoo domestico. A Bologna fu maestro elementare il pittore aerofuturista Italo Cinti, autore del memorabile Diario di un anno, in cui spiegava gli orientamenti che lo guidavano nell’insegnamento del disegno ai suoi scolari: è l’evidente sintomo dell’esistenza di una determinata situazione culturale e pedagogica. Affascinati dal porsi, come Alice, entro un universo frenetico dove le automobili diventavano palloni e i cavalli marini di legno dominavano la stanza dei giochi, quei bambini compresero che occorre decifrare il cambiamento, che si deve godere dell’ontologia del nuovo. Poi furono anche testimoni di una singolare, irripetibile esperienza: il Sor Pampurio sembrava costruito dallo stesso artefice che aveva inventato l’incredibile carrozzina futurista, cambiando esteticamente un oggetto d’uso che pareva intoccabile. Certo, il mutamento coerente che trasforma un porcellino nell’eroe dell’avanguardia e colloca negli asili opere firmate, è sicuramente da rimpiangere.

 

Antonio Faeti