Dopo, il miracolo non si è mai più ripetuto. Era proprio un miracolo quello che consentì a Silvio Spaventa Filippi di creare il “Corriere dei Piccoli”, per via delle caratteristiche di cui era in possesso questo intellettuale del sud profondamente nostro e così poco nostro. Le sue traduzioni da Dickens, compiute con dedizione e con difficile adesione, cambiarono da noi il modo di leggere l’inimitabile. E quelle governanti, quei cocchieri, quegli osti, quei maggiordomi, quegli scapestrati, quelle indomite fanciulle entrarono nel suo “Corrierino” dove volle accanto a sé Sto, con Bonaventura e Barbariccia non certo inferiori alle presenze domestiche dickensiane.

Doverosa e facile fu la trasposizione in legno, latta, stoffa, gomma dei signori dell’ombra e del riso, nati anche per fuggire e correre in braccio ai lettori bambini. Dagli USA, ad opera di Frederick Burr Opper, giungono Fortunello, la Checca, Ciccio e subito diventano di legno e se ne vanno con le ruote. Con la misteriosa serie di consonanze da cui è dominato questo settore dell’immaginario, ecco Pinocchio, atteso e suscettibile di un pronto inserimento. Ruote che fanno correre, tessuti che ricoprono, birilli da colpire: perfino un vasino da notte in grado di sancire una pervasività totalizzante.

Ebbe subito una forte risposta questo orizzonte che oggi definiremmo multimediale. Però, se annunciava una genealogia che arriva all’oggi e ancora trionfa, almeno una salutare componente del passato questo mondo poteva mostrarla. Nel vedere queste meraviglie di legno, nel rammentare ignoti artigiani, nel rimpiangere le officine dei sogni in cui la carta dominava la perentorietà del legno, il pensiero ritrova Hoffmann, sa che è sempre lui, il signor Dappertutto, a rendere di velluto i sogni, di lana le narrazioni, di latta i paralumi. Siamo europei, signor Dappertutto.

 

Antonio Faeti