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   Un mondo di amici

 

 

 

Maria Montessori non si limita a lasciare le teorizzazioni sull’educazione cosmica sul piano astratto, ma propone strategie di lavoro pratico con le bambine e i bambini, come il ricorso alle cosiddette favole cosmiche, grandi lezioni tematiche (sull’origine dell’universo, per esempio), che hanno l’obiettivo di stimolare l’immaginazione, esplorando gli elementi del cosmo attraverso esperienze concrete e dirette. Come afferma Maria Montessori: «Ciò che [il bambino] apprende deve essere interessante, deve affascinarlo: bisogna offrirgli cose grandiose: per cominciare offriamogli il mondo». È infatti nel mondo che, per lei, sono contenute le risposte alle domande infantili, pronte per essere disvelate. L’insegnante ora non è più l’anello di collegamento fra la bambina/il bambino e il materiale, ma fra la bambina/il bambino e l’intero universo. Le favole cosmiche sono finalizzate da un lato ad avvicinare le bambine/i bambini ai concetti-cardine delle discipline scientifiche, dall’altro a comprendere le interdipendenze, anche implicite, tra gli elementi del creato, coltivando il senso di gratitudine verso ogni essere vivente e percependosi come parte di un tutto armonico. L’educazione cosmica funge dunque da fulcro attorno al quale organizzare la conoscenza.

La prima favola cosmica non fa riferimento all’orientamento religioso di Maria Montessori, bensì intende illustrare, all’interno di un’ottica di tipo evoluzionistico, la successione degli eventi che hanno cadenzato la nascita dell’universo in seguito al Big Bang, nonché la formazione, sul Pianeta Terra, dei vari ambienti naturali, mostrando come l’ordine cosmico sia regolato da leggi funzionali all’armonia del tutto. Senso di meraviglia, fantasia, curiosità e capacità immaginativa sono le dimensioni che la narrazione sa attivare con efficacia, soprattutto quando l’insegnante non si pone come compito principale quello di trasmettere contenuti, bensì quello di introdurre stimoli e concetti che la bambina/il bambino stessa/stesso potranno sviluppare e approfondire attingendo da risorse interne ed esterne alla propria classe. In altre parole, tramite le favole cosmiche, Maria Montessori non vuole esaurire la conoscenza enciclopedica dei temi che lambiscono, ma allargare varchi, indirizzare le alunne/gli alunni verso percorsi di indagine dagli esiti aperti. Ecco un esempio lampante tratto dal volume “Lezioni dall’India 1939. Lo sviluppo creativo nel bambino”: 

Una volta a un bambino di otto anni e mezzo fu chiesto di rappresentare il grande fiume Reno. Il bambino, che era profondamente interessato al lavoro dell’acqua, voleva rappresentare ogni piccolo dettaglio, comprese tutte le città attraverso le quali il fiume passava. Ogni minimo dettaglio fu rappresentato. Ci vollero tre mesi per completare l’opera. È stato meraviglioso vedere come lo studio geografico che il bambino svolgeva in quel periodo sia penetrato nella sua mente (pp. 440-441).

Ogni insegnamento va così necessariamente a integrarsi nel quadro generale dei rapporti e delle connessioni che regolano la vita dell’universo nei suoi plurimi aspetti umani, organici, storici e sociali, in questo modo compresi nella loro interdipendenza. «Allora – scrive ancora Montessori – questo è il nostro compito: raccogliere le più alte scoperte delle scienze, renderle chiare e affascinanti e offrirle all’infanzia». Solo dalla comprensione delle leggi del cosmo possono infatti, per lei, scaturire comportamenti improntati alla partecipazione sociale, all’assunzione dell’impegno e della responsabilità personale.

Sperimentazione sulla favola cosmica Iddio che non ha mani

 

 

 

 

 

Sperimentazione sulla favola cosmica Iddio che non ha mani

C.D. Via Ugo Bassi, Civitanova Marche – insegnanti Silvia Antinori, Angela Surace